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L'anarchico Roberto D'Angio' e lo scontro con Errico Malatesta

Amici d'infanzia, Michele Angiolillo e Roberto D'Angiò condivisero ogni scelta. Michele chiudeva ogni sua lettera alla famiglia inviando i saluti affettuosi a Roberto. Insieme lavorarono nella tipografia Pascarelli; insieme fecero il percorso politico nel circolo “Aurelio Saffi”. Le loro strade si separarono in occasione del primo processo a carico di Angiolillo. Per inquadrare la figura di D'Angiò, di seguito si propone un articolo pubblicato sul numero 45 (gennaio 2011) del mensile “Sudest”. Si ringrazia l'editore e direttore di “Sudest”, Franco Mastroluca, per aver autorizzato la pubblicazione integrale dell'articolo su questo sito.  

 

 

 

 

:: L'ANARCHICO ROBERTO D'ANGIÒ E LO SCONTRO CON ERRICO MALATESTA

di Michele Gualano

 

Il 25 gennaio del 1905, un informatore della polizia italiana invia un dispaccio urgente e riservato al ministro dell'Interno. L'informatore firma la sua comunicazione col suo nome in codice, Virgilio, e a differenza di tutti gli altri confidenti, scrive la sua informativa con una macchina per scrivere, una Remington o forse una Kanzler. Quello che scrive è quindi tutto chiaro, non ci sono equivoci a rileggere oggi quelle parole. Scrive da Londra, Virgilio. E spiega al ministro di Roma che qualche giorno prima negli ambienti degli anarchici italiani, un episodio ha turbato la numerosa comunità di esuli sovversivi.

Il fatto è questo.

Un notissimo anarchico italiano che per vivere fa piccoli lavori da elettricista e da meccanico, Errico Malatesta, ha avuto in casa sua un violentissimo litigio con un altro anarchico. Malatesta si è alterato, e non poco, al punto da allontanare l'altro dall'abitazione, inseguendolo quando ormai l'altro era già fuori, con insulti e urla che hanno allarmato tutto il vicinato. Così, almeno, riferisce Virgilio e c'è da credergli perché Malatesta non è nuovo a scatti di ira1. In particolare quel litigio, come riferisce Virgilio, ha fatto discutere ogni anarchico e ogni socialista italiano attivo a Londra lasciando in ogni sovversivo una specie di preoccupazione. Il problema è che l'altro è ormai considerato, da tutto l'ambiente anarchico in Europa, una specie di traditore, uno che si è venduto alla borghesia quando, qualche anno prima, lavorava in un giornale anarchico al Cairo, in Egitto.

Dangio firmaL'altro – il presunto traditore, il presunto venduto – si chiama D'Angiò, Roberto D'Angiò. Ha trentaquattro anni appena compiuti quando a Londra litiga col rivoluzionario Errico Malatesta. Ha già fatto tanti di quei mesi di carcere, con varie accuse, che a metterli in fila serve un bravo contabile e di vita vissuta in libertà, ad eccezione dell'infanzia e dell'adolescenza, non resta molto nella contabilità dei giorni e dei mesi. Da quel 23 settembre 1895, quando è stato per la prima volta arrestato a Napoli per renitenza alla leva, infatti, ha conosciuto il confino, il domicilio coatto e le celle di un buon numero di città, tra cui quello di Lucera, nella provincia dove nel 1871, il 12 gennaio, è nato. Nato a Foggia, per l'esattezza, da Giuseppe D'Angiò e da Maria Marcone.

Fatto sta che il confidente Virgilio fa bene a vedere nel litigio tra Malatesta e D'Angiò un episodio degno di essere segnalato al ministro italiano con il carattere dell'urgenza. Perché D'Angiò, pesantemente redarguito dal più grande e temuto anarchico vivente di quel tempo, lascia ogni ruolo attivo nel movimento.

Fino a quel momento l'anarchico foggiano Roberto D'Angiò è considerato dalle autorità di pubblica sicurezza del Regno d'Italia un pericoloso rivoluzionario e per questa ragione viene sorvegliato e seguito in ogni suo spostamento, in Italia e all'estero. Il suo nome viene sempre legato a quello di un suo compagno di infanzia, quel Michele Angiolillo che sarà giustiziato nel 1897 in Spagna per aver ucciso nelle terme di Santa Agueda, vicino Mondragon nei Paesi Baschi, il primo ministro spagnolo Antonio Canovas del Castillo.

D'Angiò nasce e cresce a Foggia, in una famiglia povera e colpita da gravi disgrazie. Nel 1893, orfano di entrambi i genitori, si trasferisce a Napoli con la sorella Rita e lì fa l'insegnante privato di lingua francese. A Foggia aveva fatto parte del direttivo del circolo repubblicano “Aurelio Saffi” quando il segretario era proprio Angiolillo. Con quest'ultimo condivideva anche il lavoro nella tipografia Pascarelli di via Arpi: lui correttore di bozze, Angiolillo compositore. Più volte sentito dai carabinieri e dalle Guardie di Città di Foggia, ma per i guai giudiziari del futuro giustiziere del primo ministro spagnolo, D'Angiò era considerato inizialmente un ragazzo “taciturno e pensieroso”, “educato e intelligente, di studi regolari ma nessun titolo accademico”, uno che serbava verso l'autorità “regolare contegno”2.

E' proprio nel 1893 che, con la partenza per Napoli e con la scelta di non rispondere alla chiamata alle armi, “repentinamente da repubblicano diventa anarchico nel quale egli ha fede di apostolo”3. A Napoli, tuttavia, non frequenta gli ambienti anarchici; frequenta assiduamente solo un giovane studente universitario di nome Oreste Ferrara, anche lui sorvegliato dalla polizia e destinato a diventare, tra l'altro, ambasciatore di Cuba presso gli Stati Uniti e l'Unesco4.

Quando viene arrestato per renitenza alla leva nel 1895, nella sua abitazione vengono sequestrati diverse copie del periodico parigino Les Temps Nouveaux del quale, nel frattempo, D'Angiò è diventato corrispondente dall'Italia. Il governo Crispi, dopo i moti del '94 aveva deciso pesanti misure repressive contro gli anarchici e, con la legge del 19 luglio 1894 n. 316, aveva introdotto il domicilio coatto e successivamente il divieto di pubblicare periodici anarchici. La repressione era dunque forte ma tuttavia alle autorità italiane erano sfuggite, fino a quel momento, le critiche che l'anarchico riservava sulla stampa francese al Parlamento e al governo5. Tra le carte vengono trovate anche lettere a lui inviate da Errico Malatesta e un cifrario6. D'Angiò è insomma pienamente inserito negli ambienti anarchici europei, la rete delle sue relazioni è straordinariamente fitta. Nel frattempo il suo amico Angiolillo, per sfuggire a una sicura condanna al carcere da parte del Tribunale di Lucera per eccitazione dell'odio fra le classi sociali, sceglie l'esilio, dal quale non tornerà più. Roberto D'Angiò, in questa fase, si occupa quindi di propaganda, trae sussistenza dalle sue lezioni di lingua francese ma fondamentalmente trova nella pubblicistica la ragione del suo impegno rivoluzionario.

Per la renitenza alla leva viene condannato al confino alle Tremiti e il 19 luglio del 1896 viene rilasciato in libertà condizionata. Scontata la pena, dopo una temporanea permanenza a Foggia torna a Napoli. E' il mese di giugno dell'anno 1897 quando giunge nel capoluogo campano e al suo arrivo le autorità di pubblica sicurezza lo interrogano. Ormai è braccato. Spiega di esser tornato per cercare un lavoro come insegnante e che se entro un mese non riuscirà a trovare una occupazione, emigrerà all'estero. Dopo qualche giorno parte per Roma. Intanto da sei mesi non ha più notizie del suo amico Angiolillo: l'ultimo cenno è dell'8 dicembre 18967 e nel frattempo D'Angiò ha contattato i suoi corrispondenti in tutte le capitali europee per avere notizie del suo amico8.

L'8 agosto del 1897 Michele Angiolillo uccide il primo ministro spagnolo; arrestato, dà diversi pseudonimi, riportati dalla stampa italiana e immediatamente riconosciuti da D'Angiò. Appena l'identità dell'assassino di Canovas del Castillo è certa, ancora a Roma D'Angiò scrive un articolo in favore del suo amico, pubblicato su un giornale della borghesia romana, la “Tribuna”. Fermato il giorno stesso della pubblicazione dell'articolo, D'Angiò viene portato a Foggia e poi al domicilio coatto a Bovino. Il gesto di Angiolillo complica inevitabilmente la sua vita: è considerato ora un sovversivo di “notevole” pericolosità e quando a novembre di quello stesso anno viene processato e condannato dal Tribunale di Lucera al carcere per contravvenzione a una ammonizione e, dopo soli pochi giorni per oltraggio all'arma dei carabinieri, la notizia trova spazio anche su uno dei Lanarchico Dangiò ri ribella - La Stampa del 27 settembre 1897più diffusi quotidiani del Regno, “La Stampa – Gazzetta Piemontese”9. Più volte il giornale torinese si occuperà di lui. Viene fermato nuovamente il 12 maggio del 1898 per misure di pubblica sicurezza e inviato al domicilio coatto a Ustica da dove, nel gennaio dell'anno dopo, viene trasferito a Pantelleria. Liberato, torna a Foggia ma è costretto a restare con obbligo di domicilio in regime di stretta sorveglianza e nel frattempo continua a scrivere per il periodico “L'Avvenire Sociale” di Messina. A marzo – siamo nel 1899 – viene nuovamente arrestato dai carabinieri di Foggia per distribuzione di manifesti sovversivi. Pesantissima questa volta la condanna: diciannove mesi di reclusione e 1900 lire di multa. Il 6 agosto del 1900, in seguito all'assassinio di Umberto I, i carabinieri lo perquisiscono in carcere e visitano il suo ultimo domicilio senza tuttavia trovare nessun collegamento con l'anarchico Gaetano Bresci, l'omicida del re10. Per la Prefettura di Foggia, D'Angiò è ora un “fanatico pericolosissimo e capace di qualunque azione delittuosa”11.

E' il febbraio del 1901 quando viene rilasciato e il suo destino è chiaro: in Italia, per lui, è impossibile vivere. Sceglie così l'esilio. Parte per Alessandria d'Egitto, dove sarà ospitato da Luigi Galleani12: i due si erano certamente conosciuti durante il confino a Pantelleria. Al Cairo fonda i periodici “L'Operaio” e “Lux”. Ed è qui che succede qualcosa.

Né nelle fonti archivistiche né dalle lettere né, ancora, dalle informative degli agenti infiltrati negli ambienti anarchici13 si comprendono con esattezza le circostanze che determineranno la frattura tra D'Angiò e il resto del movimento, i comportamenti per i quali il foggiano sarà considerato da Malatesta e dai suoi seguaci un traditore. Di certo D'Angiò si scontra con Malatesta sulla necessità della violenza e degli attentati anarchici. Il foggiano sosterrà più volte questa tesi in particolare su “Lux” (del quale era caporedattore) provocando in più di una occasione le dure reazioni di Malatesta14.

Fatto sta che, nel 1902, D'Angiò riesce a ottenere un passaggio fino a Taranto su uno dei piroscafi che opera per conto della compagnia di import/export per la quale per un periodo ha fatto il contabile al Cairo, affiancando questo impiego amministrativo all'attività pubblicistica e propagandistica.

Sono gli anni in cui gli anarchici sembrano aver egemonizzato la scena sindacale. In Francia tentano di condizionare le scelte del sindacato generale CGT – i cui rappresentanti sono quasi tutti riformisti – sperando di determinare una svolta rivoluzionaria. Anche in altri Paesi – e a Londra in particolare, dove Malatesta è attivo – l'impegno degli anarchici nelle organizzazioni dei lavoratori è più che mai forte. E' chiaro quindi che il movimento tende a emarginare chi, come D'Angiò, oltre a sostenere la necessità del gesto rivoluzionario personale e violento, è fermo su posizioni di intransigente individualismo.

Dopo una breve permanenza a Genova e a La Spezia, D'Angiò va a Buenos Aires (dove lavora per il periodico “La Protesta”), poi a Genova, a Palermo, si sposta a Parigi, a Napoli, di nuovo a Genova; ancora a Napoli, da dove nel 1904 parte per Londra. E nel gennaio del 1905 avviene lo scontro con Malatesta. L'episodio rappresenta, nella vita dell'anarchico, uno spartiacque. Dopo qualche giorno torna a Napoli, città che resterà sempre, per lui, un importante punto di riferimento. Il Ministero dell'Interno avrà ancora a lungo informative su tutte le sue frequentazioni e persino sulle visite che D'Angiò riceverà. In una, in particolare, la Prefettura di Napoli segnala la visita di un anarchico foggiano, Vincenzo Fiore, giunto a Napoli il 27 marzo 1905 e ospitato da D'Angiò15. Ma l'attività dell'anarchico è destinata a cessare quasi del tutto: scrive solo occasionalmente qualche articolo, in uno dei quali cita il gruppo anarchico “Michele Angiolillo” di Foggia, con sede in via Galliani 3, di cui sembra far parte lo stesso D'Angiò16.

Nel 1912 il Prefetto di Palermo, in un rapporto al Ministero, segnala l'arrivo dell'anarchico in Sicilia in compagnia di una certa Eugenia Pellegrino, di Foggia. Insieme i due si stabiliranno a Palazzo Adriano, comunità di origine arbëreshë, dove per anni D'Angiò dirigerà una cooperativa di agricoltori. A marzo dello stesso anno, in una lettera inviata a Marsiglia all'anarchico pisano Raffaello Nerucci, D'Angiò spiega che è sua intenzione aprire a Palermo una “scuola moderna”; intenzione che resterà tale.

Morirà a Milano, all'Ospedale Maggiore, il 4 novembre del 1923.

 

 

NOTE

1 “Malatesta è un nevrotico. Quando trova qualche contrasto fa atti di pazzo. Alle volte avviene che dà la testa davvero nei muri.” Rapporto dell'informatore Virgilio al ministro dell'Interno dell'11 maggio 1903, in Pietro Dipaola, Italian anarchist in London (1870-1914), Department of Politics Goldsmiths College, University of London, 2004.

2 Cenno biografico della Prefettura di Napoli inviato al Ministero dell'Interno del 12 novembre 1895, su informazioni della Prefettura di Foggia. In Archivio Centrale dello Stato di Roma, Casellario Politico Centrale, busta 1612, D'Angiò Roberto, d'ora in poi “ASC, CPC”.

3 ASC, CPC

4 Oreste Ferrara (Napoli, 8 luglio 1876 – Napoli, 16 febbraio 1972) noto nei paesi di lingua spagnola col nome di Orestes Ferrara Marino. E' stato avvocato, politico, diplomatico e scrittore italiano naturalizzato cubano. Imbarcatosi nel 1896 per Cuba per partecipare all'insurrezione contro la dominazione spagnola, combatterà fino all'indipendenza dell'isola nell'esercito rivoluzionario con il grado di colonnello. Tornato in Italia per completare gli studi giuridici, appena ottenuta la qualifica di avvocato si trasferirà stabilmente a Cuba. Sarà docente di diritto politico all'Università dell'Avana, editore del quotidiano “El Heraldo”, segretario del governo, deputato, presidente della Camera dei Rappresentanti, ministro degli Affari Esteri, ambasciatore presso gli Stati Uniti e l'Unesco. Vittima di un attentato nel 1940, sopravviverà nonostante sia stato colpito da dieci proiettili. Nel 1959, in dissenso con Fidel Castro, torna in Italia dove rimane fino alla morte.

5 “S’il est un pays où l’anarchie doit faire des adhérents résolus à agir, à faire de la propagande et à se défendre avec énergie contre des institutions caduques, - c’est l’Italie. Deux causes surtout y contribuent: la grande misère, qui oblige nos ouvriers à émigrer pour disputer avec acharnement le travail à leurs confrères étrangers; et les persécutions aveugles et féroces du gouvernement envers les anarchistes. La misère est chose trop connue: parlons des persécutions.”, Roberto D'Angiò, in “Les Temps Nouveaux” n. 6 (8-14 giugno 1895). “Les dernières élections qui ont eu lieu en ce pays viennent de nous donner une autre preuve éclatante de la décadence du régime parlementaire et de la corruption que le gouvernement a employée dans le but de se procurer une majorité quelconque. En même temps, elles nous ont démontré l’insuffisance de ce moyen de lutte pour les classes des travailleurs contre la bourgeoisie, parce que jamais ils ne pourront atteindre leur émancipation par le bulletin électoral.”, Roberto D'Angiò, in “Les Temps Nouveaux” n. 8 (29 giugno-05 giugno 1895). “C’est que ces institutions désormais vieillissent: chercher à les rajeunir par de bons règlements, c’est vouloir redresser les jambes aux chiens, comme nous disons, nous autres Italiens.”, Roberto D'Angiò, in “Les Temps Nouveaux” n.12 (20-26 luglio 1895).

6 Malatesta inviava spesso ai suoi corrispondenti comunicazioni cifrate in base a codici che lui stesso elaborava. Alcuni dei cifrari utilizzati da Malatesta sono conservati in Archivio Centrale dello Stato, Ministero degli Interni, 1912, PS, Massime, busta 4, fascicolo 2 e in Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, buste 2949 e 2950, Malatesta Errico.

7 “Dite a Roberto che ricevetti la sua lettera”, scrive Michele Angiolillo in una lettera alla famiglia spedita da Bruxelles l' 8 dicembre 1896. In FAI – Federazione Anarchica Italiana, Michele Angiolillo, il suo eroico gesto e ciò che di lui si disse, Foggia, 1945 (?), Tipografia L'Anarchia.

8 “Io avevo fatto molte ricerche dalle quali altro non avevo potuto apprendere che Angiolillo era stato visto a Londra lavorare in una tipografia. Poi... più nulla”. Roberto D'Angiò, in “Il Libertario” del 18 agosto 1910, La Spezia.

9 L'anarchico D'Angiò condannato che si ribella, “La Stampa – Gazzetta Piemontese”, 28 novembre 1897.

10 ACS, CPC

11 ACS, CPC

12 Luigi Galleani (Vercelli, 12 agosto 1861 – Aulla, 4 novembre 1931) è stato caporedattore del periodico “La Questione Sociale”, pubblicato a Paterson (New Jersey) in lingua italiana dopo il 1900. Nel 1903, sempre negli Stati Uniti, ha fondato il periodico “Cronaca Sovversiva” e successivamente ha collaborato con “L'Adunata dei refrattari”, altra rivista anarchica pubblicata negli Usa in lingua italiana. Prima della lunga parentesi americana era stato in Francia, Svizzera, Londra e in Egitto. In Svizzera ha aiutato il geografo Elisée Reclus nella stesura della “Nouvelle Géographie Universale”. Da tutti questi Paesi Galleani è stato espulso. In Italia è stato al confino a Pantelleria e a Lipari, in carcere a Torino e, nel 1926, a Messina con l'accusa di aver insultato Mussolini.

13 Al Cairo l'informatore che inviava i dispacci riservati al Ministero dell'Ambiente aveva il nome in codice “Dante”. Curiosamente Dante e Virgilio avevano operato insieme, sempre come infiltrati negli ambienti anarchici, a Parigi negli ultimi anni dell'800, proprio quando nella capitale francese per un brevissimo periodo soggiornò Michele Angiolillo.

14 Scrive il Prefetto di Foggia al Ministro dell'Interno nel 1896: “In un suo manoscritto sequestrato egli sosteneva violentemente la necessità degli attentati anarchici e pare che tale manoscritto egli l'abbia comunicato al noto Malatesta, che in una lettera sequestrata confuta tali teorie, perché gli attentati, in luogo di giovare, nuociono alla causa anarchica”, in APS, CPC.

15 ACS, CPC

16 “Il Libertario”, cit.

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