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Una vicenda e le sue conseguenze - Sinossi del libro

Nella baia di Guantanamo, il caporale americano Williams - da poco tornato dal suo servizio nelle valli del fiume Arghandab, in Afghanistan - si prepara per l'ennesima notte di ordinario sbertucciamento dei soldati cubani. É il 2010. Non sa quale sia l'origine di quell'insediamento militare e in fondo non gli interessa. Perché per lui quella base è lì da sempre. Così, come è ovvio, non è. In quel posto, piuttosto, gli americani sono arrivati al termine di un gravido inganno nato da una rapida accelerazione della storia. Guantanamo, la “Guantanamo bay” americana, nasce quando si compie in Spagna il destino di un giovane anarchico italiano di nome Michele Angiolillo.

 

angiolillo fotoE' sulle ali della speranza che si sviluppa la storia di Angiolillo, tipografo, figlio di un sarto della città di Foggia, prima repubblicano poi “apostolo dell'anarchia”. Cresce in una famiglia modesta, tra i primi scioperi per il cottimo e il vagare dei “terrazzani”, omastri figli dei briganti che pur di non sottomettersi ad alcuna autorità vivono di frutti spontanei della terra. E' la fine dell'800 e da pochi anni il “padre della patria” Vittorio Emanuele II regna da Roma mentre i governi dell'Italia unita, ormai liberata dal brigantaggio, hanno un nuovo pericoloso nemico: l'anarchia. Il Paese cresce intorno alle sue moderne strade ferrate ma crescono anche le povertà.

Condannato con l'accusa di “eccitazione dell'odio fra le classi sociali”, Angiolillo lascia l'Italia per evitare il carcere. Va in Francia, in Belgio, in Inghilterra. Poi di nuovo in Francia. Il suo esilio si sviluppa lungo il tracciato della “Valigia delle Indie”, un magnifico treno a vapore che da Londra porta gli inglesi fino a Brindisi e da lì, passando per Suez coi piroscafi della P&O, a Bombay. E viceversa.

A Londra il destino pone le sue condizioni e pretende domande: come un demonio impone scelte e si lascia interrogare sui possibili esiti. La speranza del giovane tipografo si fa vendetta quando Angiolillo sa che a Barcellona oltre quattrocento anarchici sono stati imprigionati e torturati perché accusati di essere gli autori della strage della processione del Corpus Domini. Strage - come chiarirà poi la Storia - non riconducibile agli anarchici. La feroce repressione è imposta dal primo ministro spagnolo Antonio Canovas del Castillo, lo stesso che da anni ordina ai suoi generali di fare strage di contadini a Cuba e che governa con il terrore anche le altre colonie spagnole.

Angiolillo incontra a Parigi Ramon Emetrio Betances, anziano medico e rivoluzionario portoricano. Nel suo studio, il tipografo di Foggia parla della sua volontà di uccidere la regina reggente spagnola per vendicare i torturati di Barcellona. Ma la reggente è una bambina. Non c'è accordo e Angiolillo si congeda da Betances.

800px-Angiolillo-assassinato trattatoE' agosto, 8 agosto del 1897, domenica. Canovas del Castillo sta curando dal 22 luglio la sua glicosuria con le acque calcio-solforose delle terme di Santa Agueda, vicino Mondragon, nel Paese Basco. Dopo la messa, mentre è seduto su una panchina e legge l'ultimo numero del periodico conservatore “La Epoca”, Canovas viene ucciso da un giovane italiano distinto ed educato, registrato all'albergo delle terme col nome di Emilio Rinaldini, corrispondente del giornale “Il Popolo” di Milano. Tre proiettili colpiscono il primo ministro spagnolo, che muore dopo circa un'ora. Emilio Rinaldini non scappa: si fa arrestare dal capitano Puebla e prima di essere ammanettato chiede scusa alla moglie di Canovas, la signora Joaquina de Osma.

Solo in seguito si conoscerà la vera identità di Emilio Rinaldini: è Michele Angiolillo. “Il più buono tra gli anarchici”, scriverà Roberto D'Angiò, amico d'infanzia del tipografo e corrispondente di Errico Malatesta e di Luigi Galleani. “Solo lui – aggiungerà D'Angiò – poteva dimenticare le tenerezze familiari e compiere la più opportuna e la più significativa delle vendette sociali”.

EDC817AD-1A64-968D-59651CACD42203A8Nel brevissimo processo, Angiolillo dirà di non essere un assassino ma “un giustiziero” e di non avere complici; la sua autodifesa in aula sarà interrotta bruscamente dai giudici. Condannato a morte, sarà garrottato da Gregorio Mayoral Sendino detto el abuelo (“il nonno”), boia titolare della “Audiencia de Burgos”. Il più esperto dei carnefici. Angiolillo rifiuterà i conforti religiosi: morirà col capo scoperto e prima di morire avrà il tempo di gridare “Germinal!”. L'esecuzione sarà fotografata, il corpo seppellito a Vergara, in terra sconsacrata. Col corpo, il governo spagnolo tenterà di seppellire anche la storia di Angiolillo.

Il nuovo governo spagnolo di matrice liberale, pochi giorni dopo l'insediamento, richiamerà dalle colonie i generali “macellai”. Ancora pochi mesi e a Cuba, Porto Rico e alle Filippine sarà riconosciuto il “regimen autonomico”, il primo passo verso l'autonomia. La Storia però subisce una brusca accelerazione: scoppia la guerra ispano-americana e la Spagna coloniale, coi vagiti del 1898, muore. A Guantanamo arrivano gli americani.

Nel 1903 verrà concessa l'amnistia a tutti i condannati per la strage del Corpus Domini di Barcellona. Ai sopravvissuti, almeno. I confinati nella colonia penale africana di Rio de Oro rientreranno in Spagna.

Le conseguenze del gesto del figlio del sarto della città di Foggia sembrano finite, la vendetta compiuta e il destino sazio. Invece...

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