L'esecuzione
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Alle 11 del 20 agosto 1897, dopo aver rifiutato i conforti religiosi offerti dai padri dominicani e dopo aver risposto brevemente a una lettera della madre, Angiolillo fu condotto nel cortile del carcere di Vergara per essere giustiziato con la garrota. La notte l'aveva passata nella piccola cappella del penitenziario in compagnia di alcuni militari di guardia e di alcuni religiosi i quali avevano tentato inutilmente di ottenere la conversione del condannato e il pentimento.
L'esecuzione della condanna fu affidata a Gregorio Mayoral Sendino, il il boia del tribunale di Burgos.
Angiolillo, una volta sistemato sulla garrota, rifiutò di indossare anche il cappuccio nero che solitamente veniva messo ai condannati a morte. E sul palto rifiutò ancora i conforti religiosi. Urlò, poco prima di morire, «Germinal!», il titolo del libro di Emile Zola. Lo stesso giorno, un’ora prima del tramonto, il corpo dell’anarchico fu sepolto in una fossa senza nome, in terra sconsacrata.
Dopo la morte di Angiolillo, ci fu un fitto carteggio tra le autorità spagnole e Maria Michelina Lombardi, madre dell’anarchico; carteggio “mediato” dalla Prefettura di Foggia, dal ministero degli Esteri italiano e dall’Ambasciata d’Italia a Madrid. La signora Lombardi chiedeva la restituzione degli abiti del figlio e delle trenta pesetas che Angiolillo aveva addosso al momento dell’arresto. «Capirà – scrisse Maria Lombardi al Prefetto di Foggia nella lettera del 21 settembre 1897 – sono reliquie, ricordi che in certo qual modo allevieranno il grande dolore e ricorderanno il figlio morto disgraziatamente ancor giovane». Ma i pochi effetti personali di Michele Angiolillo furono bruciati il 25 ottobre 1897, ufficialmente perché tossici e quindi pericolosi. Uno degli abiti, “senza determinare quale” (questa la versione ufficiale comunicata dal governo spagnolo all’ambasciatore italiano a Madrid), era impregnato di acido prussico. In realtà il governo voleva evitare che si creasse un nuovo martire e tentò in ogni modo di cancellare la memoria di Angiolillo persino tramite la distruzione degli effetti personali.
Dall’omicidio di Canovas fino alla fine del secolo, il ricordo dell’anarchico fu tenacemente contrastato dalle autorità italiane e spagnole. La signora Maria Lombardi ricevette, il 22 marzo del 1898, soltanto le 30 pesetas, pari a 24,72 lire: circa la metà di uno stipendio medio, in Italia, dell’epoca. L’“eredità” di Angiolillo fu consegnata dal giudice istruttore spagnolo al console italiano a San Sebastian e da questi all’Ambasciata d’Italia a Madrid, i cui funzionari si preoccuparono di inviare il denaro alla mamma tramite il ministero degli Esteri.
Fuori dalla cappella, non c'era niente a fare ombra.
Il patibolo era lì, giallo di legno nuovo. Sul palco, solo il boia con i suoi due aiutanti. E poi, intorno, cavalli e soldati. E tanta gente che, vedendolo uscire alla testa del corteo, non ha più fiatato.
I cani abbaiavano, lontano: in quel mondo appeso si sentivano solo i randagi, il rumore delle catene ai piedi del condannato e lo sbruffo nervoso di un cavallo.
Senza obiettare niente e senza resistere, Michele ha lasciato che ciascuno potesse fare al meglio il proprio dovere. Sul palco erano saliti, dopo di lui, anche alcuni soldati intabarrati nelle loro uniformi pompose e pulite.
Una volta sistemato sul sedile, i due aiutanti di Gregorio gli hanno stretto delle cinghie per tenerlo fermo e subito dopo hanno tentato di mettergli in testa un cappuccio, giusto per non dare al pubblico la facoltà di vedere gli occhi di un uomo che muore. Lui ha rifiutato con decisione, con fierezza.
Poi è arrivato il momento del collare. Era freddo, era ghiaccio.
Era il momento del verdugo.
Michele ha cercato quanta più aria possibile nei polmoni. Ha stretto tutti i muscoli, uno per uno. Ha messo nelle mani e nei piedi tanta di quella forza che gli sembrava di spaccarsi le dita da solo. Così pure per i denti.
Tutto quello sforzo disumano per poter urlare una sola parola.
E ha urlato. Tremendamente.
Ha urlato «Germinal!»: il titolo del libro del signor Zola.
Se solo fosse stato possibile, oltre all'aria gli sarebbe uscito il sangue. E gli intestini. E i nervi. Si sarebbe svuotato di ogni cosa pur di dare corpo e meraviglia a quella parola.
(Tratto da "Questionario per il destino")